Venerdi mattina alla Camera dei deputati è stata scritta la sentenza di
fine sovranità dello Stato italiano. Nel silenzio totale dei mezzi di
comunicazione i Deputati dell’oramai ex Belpaese hanno dato il via
libera definitivo alla ratifica del
Trattato sulla stabilita’, sul coordinamento e sulla governance nell’Ue, meglio conosciuto come
Fiscal Compact,
sottoscritto il 2 marzo e integralmente applicabile ai 17 Stati della zona euro e al
Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), al secolo “fondo salva stati”.
I si’ per il Fiscal Compact sono stati 380, 59 i no, 36 gli astenuti, quelli per il Mes sono stati 325 si’, 53 no e 36 astenuti. Solo la Lega ha votato contro; l’Idv si e’ astenuta.
...
cosa sono il Fiscal Compact e il Mes.
Il Fiscal Compact
Il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance
nell’Unione economica e monetaria (cd. Fiscal Compact) – oggetto del ddl
di ratifica
A.C. 5358,
approvato dal Senato il 12 luglio scorso – è stato firmato in occasione
del Consiglio europeo dell’1-2 marzo 2012 da tutti gli Stati membri
dell’UE ad eccezione di Regno Unito e Repubblica ceca.
Il Trattato incorpora
ed integra in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza
pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche
economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via
legislativa.
Tra i punti principali del Trattato si segnalano:
1) l’impegno delle parti contraenti ad applicare e ad introdurre,
entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme
costituzionali o di rango equivalente, la “
regola aurea” per cui
il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo;
2) qualora
il rapporto debito pubblico/PIL superi la misura del 60%,
le parti contraenti si impegnano a ridurlo mediamente di 1/20 all’anno
per la parte eccedente tale misura. Il ritmo di riduzione, tuttavia,
dovrà tener conto di alcuni fattori rilevanti, quali la sostenibilità
dei sistemi pensionistici e il livello di indebitamento del settore
privato;
3) le parti contraenti si impegnano a coordinare meglio la collocazione dei
titoli di debito pubblico, riferendo preventivamente alla Commissione e al Consiglio sui piani di emissione dei titoli di debito;
4) qualsiasi parte contraente che consideri un’altra parte contraente
inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dal patto di bilancio può
adire la
Corte di giustizia dell’UE, anche in assenza di un rapporto di valutazione della Commissione europea;
5) le parti contraenti possono a fare ricorso, alle cooperazioni
rafforzate nei settori che sono essenziali per il buon funzionamento
dell’Eurozona, senza tuttavia recare pregiudizio al mercato interno;
6) i Capi di Stato e di governo delle parti contraenti la cui moneta è
l’euro si riuniscono informalmente in un Euro Summit, insieme con il
Presidente della Commissione europea;
7) il Parlamento europeo ed i Parlamenti nazionali degli Stati aderenti,
come previsto dal Titolo II del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti
nazionali allegato al
TFUE, determineranno insieme
l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle
Commissioni competenti dei parlamenti nazionali e delle competenti
Commissioni del PE, al fine di dibattere le questioni connesse al
ordinamento delle politiche economiche.
Il Trattato entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al
deposito del dodicesimo strumento di ratifica di uno Stato parte
contraente, aderente all’area dell’euro. Alla data del 12 luglio 2012,
il Fiscal Compact è stato ratificato da 9 Paesi (Cipro, Danimarca,
Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia); in
due 2 Stati (Austria e Germania) è stato completato l’iter parlamentare
della ratifica ma i relativi strumenti non sono stati ancora firmati
dal Presidente della Repubblica.
Ogni paese, dopo la ratifica del trattato, avrà tempo fino al 1°
Gennaio 2014 per introdurre la regola che impone il pareggio di bilancio
nella legislazione nazionale. Solo i paesi che avranno introdotto tale
regola entro il 1º marzo 2014 potranno ottenere eventuali prestiti da
parte del Meccanismo Europeo di Stabilità.
E’ tutto collegato. Ogni tassello ha il suo posto prefissato. Quello che ne uscirà fuori sarà un puzzle mostruoso.
L’Italia in questo è già avanti. Il governo italiano ha ratificato e recepito l’imposizione europea, inserendo in
Costituzione il principio del
pareggio di bilancio. Il Senato, in data 17 Aprile, ha approvato con
235 si e 11 no e 24 astenuti
il ddl di riforma dell’ art.81 della Costituzione che e’ legge con
questa quarta e ultima lettura, prevista per le riforme costituzionali.
Si è espresso a favore più dei due terzi dei componenti, evitando così
il referendum confermativo. Anche qui, il tutto è avvenuto nel silenzio
pressoché totale della stampa e delle televisioni, nell’omertà
bipartisan di politologi e politici.
In pratica vi sarà solo una lenta ma inesorabile perdita di tutte le
sovranità nazionali. E ancora una volta, alla faccia della democrazia, i
cittadini non sono stati chiamati a partecipare alla decisione, anzi,
sono stati addirittura esclusi dal dibattito in quanto televisioni e
giornali hanno preferito glissare sull’argomento.
A dire il vero, sono convinto, che un dibattito non ci sia stato
neanche all’interno delle aule parlamentari, in quanto si tratta di una
imposizione europea ben supportata in Italia dal governo fantoccio di
Mario Monti. Solo un voto a maggioranza qualificata poteva sovvertire il
dicktat europea. Pura utopia. La maggior parte di coloro i quali hanno
preso parte alla votazione, ne sono certo, non sapevano neanche cosa
stavano andando a ratificare. Il che non vuole essere una attenuante ma
una aggravante, che colpirà ben presto questi signori oramai dediti alla
sola tutela dei propri privilegi.
Dimentichiamo spesso di essere in un regime monetario. Difatti, noi
usiamo una valuta straniera, non sovrana, che ci impedisce autonomia
nelle decisioni in materia economica. Un vero cappio al collo. E ora ci
tolgono anche il supporto che ci aiuta a rimanere in vita. Alla luce dei
fatti il pareggio di bilancio e l’estinzione del debito per uno Stato, a
queste condizioni sono impossibili da realizzare.
L’unico modo per uscire da questa spirale, sarebbe quello di generare
nel bilancio pubblico avanzi primari (la differenza tra le entrate
dello Stato e la sua spesa al netto degli interessi corrisposti sul
debito pubblico) talmente consistenti da superare la spesa per gli
interessi. Debito pubblico/privato che è arrivato a toccare i 2700
miliardi di euro. Per far fronte ad un tale livello di indebitamento,
bisognerebbe chiudere il bilancio con ricavi nettamente fuori dalla
portata degli attuali governi. Inoltre una politica del genere (lo
abbiamo visto in Grecia, Irlanda e Spagna) comporterebbe un sacrificio
lacrime e sangue da parte dei cittadini, con taglio dei servizi e
inasprimento della pressione tributaria. Quella che i tecnocrati
chiamano con una certa libidine austerity. Presto toccherà anche noi
beccarci le riforme di ripianamento, che ci schiacceranno nella povertà e
nell’incertezza. Sono già state annunciate. Come è già partito il piano
di liquidazione totale di tutte le aziende statali, di quella non in
perdita si intende, e il draconiano taglio dei servizi essenziali di
ogni cittadino, tra cui scuola, sanità e tutte quelle cose che fino ad
oggi abbiamo dato per scontato, vivendo in un paese “progredito” e
“sviluppato”.
Lo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha reso noto che l’Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio almeno fino al 2017.
Questo significa che se vogliamo raggiungere gli obiettivi prefissi
dall’Ue ci dovremo accollare la metà del debito sulle nostre spalle. Ciò
significa distruzione della Stato di Diritto. Dovremo pagare multe
salatissime (pari allo 0,1% del Pil) ogniqualvolta non rispetteremo gli
impegni presi firmando il Fiscal Compact. Saremo ancora più dipendenti e
ricattabili, saremo una colonia (ma per noi non è una novità visto che
siamo un potenta made in U.S.A. dal 1945), e verremo spogliati delle
nostre ricchezze reali e saremo trattati alla stregua di schiavi.
I prossimi governi saranno “costretti” a mantenere la linea di
austerity tracciata dalla bancocrazia Monti, tali trattati, sulla carta,
non sono tralciabili. Il Parlamento italiano diventa ufficialmente un
organo dei mercati, a cui si dovrà dare conto di ogni decisione e di cui
si dovranno rispettare le “agende” prescritte.
In pratica abbiamo perso la sovranità nazionale in materia di scelte
economiche. Privati oramai da tempo della facoltà di battere moneta, ci
siamo chinati al volere globalista del super stato europeo.
E’ un domino: persa la sovranità monetaria, e ora quella economica, a
breve dovremo rinunciare alla sovranità fiscale e poi politica che
cadrà in mano,
come auspicato su Repubblica da Curzio Maltese,
a una casta ristretta di tecnici illuminati che guideranno il sopito
ricordo degli stati nazione verso le porte del nuovo ordine mondiale,
aprendo la strada a un regime sinarchico scientifico mondialista.
Come dichiarato in più occasioni e da diversi esponendi di varie
sponde politiche e non, l’obiettivo finale è la creazione dagli Stati
Uniti d’Europa, la tecnocrazia bancaria con un governo centrale, una
banca centrale, una moneta unica e dove il popolo verrà spogliato della
divisa di cittadino per indossare i panni ben più scomodi di merce,
soggetto alle leggi del mercato neoliberista relativista globalizzato.
Un esempio sono le
dichiarazioni odierne rilasciate dal deputato di ApI Bruno Tabacci:
”
Piu’ che cessioni di sovranita’ nazionale dobbiamo cominciare a
pensare all’acquisizione di una piena sovranita’ europea fondata su un
nuovo patto politico che leghi cittadini e istituzioni europee. L’Italia
non puo’ che essere in prima linea”.
E poi mi vengono a dire che non sono i camerieri dei banchieri!
Ve lo scrivo con le parole di
Alberto Bagnai, docente di Politica Economica e di Economia e Politica della Globalizzazione:
“
Il fiscal compact è un’assurdità, non devo spiegarlo a voi: in
un sistema ingessato dalla politica monetaria unica, ingessare la
politica fiscale equivale a condannarsi alla recessione. Il fiscal
compact è più assurdo del patto di stabilità e di crescita, che non ha
funzionato perché è stato violato per prima dalla Germania (quando
doveva finanziare la sua svalutazione reale competitiva)“.
Il Meccanismo Europeo di Stabilità
La modifica all’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) – la cui ratifica è oggetto del disegno di legge A.C.
5357, approvato dal Senato il 12 luglio scorso – è stata adottata con
decisione del Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011,
secondo la procedura semplificata di revisione dei trattati. L’art. 136
reca alcune disposizioni riguardanti specificamente gli Stati aderenti
all’area dell’euro, volte a rafforzare il coordinamento delle politiche
di bilancio e ad elaborare comuni orientamenti di politica economica.
La decisione prevede l’inserimento all’art. 136 del
seguente paragrafo:
“
Gli
Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di
stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità
della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza
finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una
rigorosa condizionalità.”
Il
procedimento di ratifica della
modifica dell’art. 136 del TFUE si è
perfezionato in 12 Stati membri
(Cipro, Danimarca, Grecia, Francia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo,
Lettonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Svezia), mentre in altri
9 Paesi (Austria, Repubblica ceca, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia) è intervenuta l’
approvazione in sede parlamentare, senza tuttavia che la relativa legge sia ancora entrata in vigore.
Strettamente connesso a tale modifica, il Trattato istitutivo del
Meccanismo europeo di stabilità (MES) è stato siglato, in una prima versione, dagli Stati membri della zona euro
l’11 luglio 2011; tenuto conto della predisposizione del
Fiscal Compact e dell’esigenza di rafforzare il meccanismo alla luce delle tensioni sui mercati internazionali, il
2 febbraio di quest’anno è stato sottoscritto un nuovo Trattato internazionale.
In base all’art. 1 del Trattato, il MES è costituito dalle parti contraenti quale
organizzazione finanziaria internazionale,
con l’obiettivo istituzionale di mobilitare risorse finanziarie e
fornire un sostegno alla stabilità. A questo scopo è conferito al MES il
potere di
raccogliere fondi con l’emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi.
Gli organi principale del MES – che ha sede a Lussemburgo e può
istituire un ufficio di collegamento a Bruxelles – sono, in base
all’articolo 4, il
Consiglio dei governatori, il
Consiglio di amministrazione ed il
Direttore generale.
Il
Consiglio dei governatori, composto da un
componente per ciascuno degli Stati membri del MES, nonché, in qualità di
osservatori,
dal Commissario europeo per gli affari economici, dal Presidente
dell’Eurogruppo e dal Presidente della BCE, assume le principali
decisioni relative al funzionamento del MES.
Il
Consiglio di amministrazione svolge invece i
compiti specifici delegati dal Consiglio dei governatori. Ogni
governatore nomina un amministratore e un supplente, tra persone dotate
di elevata competenza in campo economico e finanziario.
Il
Direttore generale è nominato – per cinque anni
(rinnovabili una volta) – dal Consiglio dei governatori fra i candidati
dotati di esperienza internazionale pertinente e di elevato livello di
competenza in campo economico e finanziario. Presiede le riunioni del
Consiglio di amministrazione e partecipa alle riunioni del consiglio dei
governatori.
Il
Consiglio dei governatori ed il Consiglio di amministrazione decidono “di comune accordo” , a
maggioranza qualificata o a maggioranza semplice. In particolare, il Consiglio dei governatori delibera
all’unanimità su
questioni di particolare rilevanza relative alla concessione
dell’assistenza finanziaria, alle capacità di prestito del MES ed alle
variazioni della gamma degli strumenti utilizzabili.
In base all’articolo 4, paragrafo 4, del Trattato nei casi in cui la
Commissione europea e la BCE concludano che la mancata adozione di una
decisione urgente circa la concessione o l’attuazione di un’assistenza finanziaria minacci la
sostenibilità economica e finanziaria della zona euro, si ricorre a una procedura di
votazione d’urgenza, nell’ambito della quale è sufficiente una
maggioranza qualificata pari all’85% dei voti espressi.
Secondo quanto previsto dall’art. 4, comma 7, del Trattato, ciascuno Stato membro ha un numero di diritti di voto pari alla
quota di contribuzione al capitale versato.
Il comma successivo stabilisce peraltro che, in caso di mancato
versamento di parte della quota di contribuzione prevista, lo Stato
membro inadempiente non potrà esercitare i propri diritti di voto per
tutta la durata dell’inadempimento. I diritti di voto spettanti agli
altri Stati membri verranno ricalcolati di conseguenza.
Il MES avrà un
capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro, di cui 80 miliardi di capitale versato dagli Stati membri della zona euro e una
combinazione di capitale richiamabile impegnato
e di garanzie degli Stati membri della zona euro per un importo totale di 620 miliardi di euro.
In base all’art. 41, il versamento delle quote da corrispondere in
conto del capitale inizialmente sottoscritto da ciascun membro del MES
dovrebbe effettuato in cinque rate annuali, ciascuna pari al 20%
dell’importo totale. La prima rata è versata da ciascun membro del MES
entro
quindici giorni dalla data di entrata in vigore del trattato.
Le restanti quattro rate sono corrisposte rispettivamente alla prima,
seconda, terza e quarta data coincidenti con la data di pagamento della
prima rata.
Il MES avrà una capacità effettiva di prestito pari a
500 miliardi di euro, soggetta a verifica periodica almeno
ogni cinque anni.
L’organismo potrà inoltre finanziarsi attraverso il collocamento di
titoli di debito, attraverso la partecipazione del FMI alle operazioni
di assistenza finanziaria.
Il
Capo 4 del Trattato disciplina gli strumenti e le
procedure per la concessione del sostegno del MES. In particolare,
l’articolo 12 fissa i
princìpi per l’assistenza ribadendo che essa possa essere concessa ove sia indispensabile
per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri e sulla base di
condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, che possono spaziare da un
programma di correzioni macroeconomiche al
rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite.
In base all’art. 13, uno Stato membro del MES può rivolgere
una richiesta di assistenza finanziaria
al Presidente del Consiglio dei governatori che assegna alla
Commissione europea, di concerto con la BCE, il compito di valutare
l’esistenza di un
rischio per la stabilità finanziaria
della zona euro nel suo complesso o dei suoi Stati membri, a meno che la
BCE non abbia già presentato un’analisi al riguardo; la
sostenibilità del debito pubblico (se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme al FMI; le
esigenze finanziarie effettive o potenziali del membro del MES interessato.
Sulla base di tale valutazione, il
Consiglio dei governatori
può decidere di concedere, in linea di principio, l’assistenza
finanziaria affidando alla Commissione europea – di concerto con la BCE
e, laddove possibile, insieme all’FMI – il compito di negoziare con il
membro del MES interessato,
un protocollo d’intesa che precisi le
condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria. Il contenuto del protocollo d’intesa riflette la
gravità delle carenze da affrontare e lo strumento di assistenza finanziaria scelto.
La
Commissione europea firma il protocollo d’intesa
in nome e per conto del MES, previa approvazione del Consiglio dei
governatori – e monitora di concerto con la BCE e, laddove possibile,
insieme al FMI il rispetto delle condizioni cui è subordinato il
dispositivo di assistenza finanziaria.
I
risultati del monitoraggio sono inseriti in una
relazione che la Commissione Europea presenta al Consiglio di
amministrazione del MES, sulla base della quale quest’ultimo decide, di
comune accordo, il versamento delle rate del prestito successive alla
prima.
Il Trattato stabilisce che il Consiglio dei governatori possa
decidere di concedere assistenza finanziaria a uno stato-membro del MES:
- sotto forma di prestito (art. 15), secondo
condizioni contenute in un programma di aggiustamento macroeconomico
precisato in dettaglio nel protocollo d’intesa. Al fine di ridurre il
rischio di azzardo morale, i tassi di interesse fissati per l’erogazione
dei prestiti saranno pari al costo di finanziamento del MES (inclusi i
costi operativi), includendovi un margine adeguato (art. 20);
- mediante l’acquisto dei titoli emessi sul mercatoprimario da un membro del MES, al fine di ottimizzare l’efficienza in termini di costi dell’assistenza finanziaria, (art. 17);
- effettuando operazioni sui mercati secondari in relazione alle obbligazioni di un membro del MES (art. 18);
- in via precauzionale sotto forma di linea di credito condizionale precauzionale o sotto forma di una linea di credito soggetto a condizioni rafforzate
- ricorrendo a prestiti con l’obiettivo specifico di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie di un membro del MES (art. 16)
Il MES, in base all’art. 32 del Trattato, è dotato di
piena personalità giuridica e capacità giuridica
per acquisire e alienare beni mobili e immobili, stipulare contratti,
convenire in giudizio e concludere un accordo e/o i protocolli
eventualmente necessari per garantire che il suo status giuridico e i
suoi privilegi e le sue immunità siano riconosciuti e che siano
efficaci.
Per quanto attiene agli oneri derivanti dalla ratifica del Trattato istitutivo del MES, l’articolo 3 del disegno di legge (A.C.
5359, approvato dal Senato il 12 luglio scorso), non provvede ad esplicitare tali oneri, anche se la
relazione tecnica
che accompagna il disegno di legge richiama le disposizioni del
Trattato per le quali la partecipazione al capitale versato del MES
comporterà il pagamento iniziale per l’Italia di
cinque rate annuali, ciascuna delle quali è quantificabile in circa 2,866 miliardi di euro -mentre
gli importi ulteriori, a chiamata, restano al momento solo eventuali.
Il medesimo articolo dispone altresì che per il versamento delle quote
suddette, a decorrere dal 2012, vengano autorizzate
emissioni di titoli di Stato a medio-lungo termine,
il cui ricavo netto in tutto o in parte dovrà finanziare la
contribuzione italiana al MES. Le caratteristiche di tali emissioni di
titoli di Stato – definite come aggiuntive rispetto a quelle previste
dai documenti di finanza pubblica per il triennio 2012-2014 – saranno
stabilite con appositi decreti del Ministro dell’economia e delle
finanze. Viene altresì specificato che tali importi non sono computati
nel limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge
di approvazione del bilancio, né nel livello massimo del ricorso al
mercato stabilito dalla legge di stabilità.
In base all’art. 48 il Trattato istitutivo
entrerà in vigore non appena gli
Stati membri che rappresentano il 90% degli impegni di capitale lo avranno ratificato. Alla data del 12 luglio 2012 il
Trattato istitutivo del MES è stato ratificato (
vedi tabella allegata) da
6 Paesi membri (Cipro, Grecia, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia), che rappresentano il
26,55% del capitale; in
altri 9 Paesi (Austria, Belgio, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia) si è concluso l’
iter di
ratifica parlamentare e si è in attesa della firma del Capo dello
Stato. L’obiettivo è quello di rendere operativo il MES già nel mese di
luglio, in modo da cumularne la capacità di intervento con quella dell’EFSF nella seconda metà del 2012 (con una
capacità di prestito combinata pari a
700 miliardi di euro).
Il Consiglio europeo aveva inizialmente chiesto il rapido avvio delle
procedure nazionali di approvazione, affinché la modifica potesse entrare in vigore il
1º gennaio 2013
(prima della scadenza dell’attuale meccanismo transitorio di
stabilizzazione). Alla luce del perdurare della crisi del debito
pubblico di alcuni Stati membri dell’area euro, il Consiglio europeo del
9 dicembre 2011 ha auspicato una
accelerazione dell’entrata in vigore della modifica dell’art. 136 e del
trattato
che istituisce il MES, concordando che quest’ultimo entri in vigore non
appena gli Stati membri che rappresentano il 90% degli impegni di
capitale lo avranno ratificato.
L’obiettivo è quello di rendere operativo il MES già nel mese di
luglio, in modo da cumularne la capacità di intervento con quella dell’EFSF nella
seconda metà del 2012 (con una
capacità di prestito combinata pari a
700 miliardi di euro).
Non vi impressionate, non è roba complottista. Questa è tutta roba
presa dal sito di governo della Camera dei Deputati. E poi diciamo la
verità: i veri complottisti sono coloro che fanno i complotti e non
coloro che cercano di smascherarli.