Una permessa è doverosa: la "Nuova Strategia energetica Nazionale"
che emerge dalle indiscrezioni del Sole24Ore di oggi è assai più
organica di quella che avevamo intuito nelle settimane scorse. Stando a
quanto si può leggere sul quotidiano economico di Confindustria,
l'efficienza energetica ad esempio ha di nuovo e finalmente un ruolo e
non è poco. Inoltre gli obiettivi dichiarati di «ridurre il gap di
costo dell'energia, favorire la crescita sostenibile, migliorare
sicurezza e indipendenza di approvvigionamento, raggiungere e superare i
target Ue 2020», appaiono sulla carta condivisibili. Ma è nei dettagli
(che poi dettagli non sono...) che il diavolo, come noto, mette la sua
coda. Infatti questa strategia sta nel piano "crescita" dell'Italia e
dunque ha come scopo quello di "fare Pil" e occupazione ed è qui che si
misura la bontà dei provvedimenti. Giudicabili solo con il parametro
della sostenibilità sociale e ambientale. Non solo economica, quindi, ma
anche ecologica. E qui la scelta di investire negli idrocarburi
nazionali e nelle infrastrutture per il gas (compreso lo stoccaggio) e
ridurre fino a zero gli incentivi alle rinnovabili, sono una scelta di
campo - che piacerà alle lobby petrolifere che sembrano i veri registi
del piano - contraria a quello che è e dovrebbe essere ancora
l'orizzonte di tutti: la progressiva uscita dall'utilizzo di fonti
energetiche fossili verso quelle rinnovabili. Un vero dietrofront con
pochissime giustificazioni se non quelle di brevissimo respiro e nessuna
in prospettiva.
Ecco come il Sole presenta questo punto cardine
della strategia: «Ambiziosi gli obiettivi sulla produzione nazionale di
idrocarburi per liberarci da una dipendenza dall'estero intorno al 90%.
Si punta a salire dall'8 al 16% del fabbisogno energetico nazionale
mobilitando "investimenti per 15 miliardi di euro e circa 25mila posti
di lavoro, e un risparmio sulla fattura energetica di circa 5 miliardi
di euro l'anno per la riduzione di importazioni di combustibili
fossili". Il documento cita in particolare cinque zone ad elevato
potenziale: val Padana, Alto Adriatico, Abruzzo, Basilicata e off-shore
Ibleo». Ed il guaio è che si intende ottenere questi risultati con
un'azione assai discutibile che molto assomiglia a quanto fece il
precedente governo quando tentò di imporre il ritorno al nucleare: «Si
agirà sulla burocrazia, introducendo il titolo abilitativo unico,
verranno rimodulati i limiti di tutela offshore e si valuterà
l'opportunità di modifica dell'articolo 117 della Costituzione per
riportare allo Stato la competenza in materia di energia almeno per
quanto riguarda le infrastrutture strategiche». Insomma si farà di tutto
per fare presto e senza intralci, sentiamo già forte l'odore di
referendum sull'opportunità di trivellare il nostro già compromesso e
sismico territorio che di tutto ha bisogno tranne che di essere
ulteriormente colpito oltretutto per ottenere che cosa? Qualche punto di
riduzione della dipendenza energetica dall'estero italiana, ma ne vale
la pena?
Se i dati pubblicati (e non smentiti da nessuno) da
associazioni ambientaliste come Greenpeace, Legambiente e Wwf sono
giusti, infatti, tutte le riserve italiane di petrolio sui fondali dei
nostri mari servirebbero a soddisfare sette settimane di consumi, le
intere riserve italiane potrebbero sopperire a meno di un anno del
consumo nazionale... basterebbe spingere un po' di più sul risparmio
energetico per evitare la "necessità" di rischiare così tanto per così
poco.
Inoltre, se l'orizzonte, ribadiamo, è quello della
progressiva uscita dall'utilizzo delle fonti energetiche fossili, questo
è solo un rinvio che allora giustificherebbe un ritorno all'utilizzo
del carbone e via a balzi verso l'800. Insomma, pur riconoscendo gli
impegni nell'efficienza energetica e comprendendo l'idea di fare
dell'Italia un hub del gas (con qualche riserva sul metodo, ma senza
tabù), il taglio alle rinnovabili e il ritorno alle trivelle nazionali
fanno puzzare già di vecchio la "nuova strategia".
Greenreport
Occorre guardare al futuro e pensare alle generazioni che si troveranno ad affrontare le cattive condizioni ambientali generate dal continuo consumo di idrocarburi.
Il futuro non è costruire nuove centrali per la produzione di energia elettrica.
Il futuro è investire affinchè case e uffici consumino meno.
La migliore produzione di energia, è il suo risparmio!
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sabato 1 settembre 2012
Svelata la nuova strategia energetica nazionale, ma già puzza di vecchio
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