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sabato 1 settembre 2012

Svelata la nuova strategia energetica nazionale, ma già puzza di vecchio

Una permessa è doverosa: la "Nuova Strategia energetica Nazionale" che emerge dalle indiscrezioni del Sole24Ore di oggi è assai più organica di quella che avevamo intuito nelle settimane scorse. Stando a quanto si può leggere sul quotidiano economico di Confindustria, l'efficienza energetica ad esempio ha di nuovo e finalmente un ruolo e non è poco. Inoltre gli obiettivi dichiarati di  «ridurre il gap di costo dell'energia, favorire la crescita sostenibile, migliorare sicurezza e indipendenza di approvvigionamento, raggiungere e superare i target Ue 2020», appaiono sulla carta condivisibili. Ma è nei dettagli (che poi dettagli non sono...) che il diavolo, come noto, mette la sua coda. Infatti questa strategia sta nel piano "crescita" dell'Italia e dunque ha come scopo quello di "fare Pil" e occupazione ed è qui che si misura la bontà dei provvedimenti. Giudicabili solo con il parametro della sostenibilità sociale e ambientale. Non solo economica, quindi, ma anche ecologica. E qui la scelta di investire negli idrocarburi nazionali e nelle infrastrutture per il gas (compreso lo stoccaggio) e ridurre fino a zero gli incentivi alle rinnovabili, sono una scelta di campo - che piacerà alle lobby petrolifere che sembrano i veri registi del piano - contraria a quello che è e dovrebbe essere ancora l'orizzonte di tutti: la progressiva uscita dall'utilizzo di fonti energetiche fossili verso quelle rinnovabili. Un vero dietrofront con pochissime giustificazioni se non quelle di brevissimo respiro e nessuna in prospettiva.
Ecco come il Sole presenta questo punto cardine della strategia: «Ambiziosi gli obiettivi sulla produzione nazionale di idrocarburi per liberarci da una dipendenza dall'estero intorno al 90%. Si punta a salire dall'8 al 16% del fabbisogno energetico nazionale mobilitando "investimenti per 15 miliardi di euro e circa 25mila posti di lavoro, e un risparmio sulla fattura energetica di circa 5 miliardi di euro l'anno per la riduzione di importazioni di combustibili fossili". Il documento cita in particolare cinque zone ad elevato potenziale: val Padana, Alto Adriatico, Abruzzo, Basilicata e off-shore Ibleo». Ed il guaio è che si intende ottenere questi risultati con un'azione assai discutibile che molto assomiglia a quanto fece il precedente governo quando tentò di imporre il ritorno al nucleare: «Si agirà sulla burocrazia, introducendo il titolo abilitativo unico, verranno rimodulati i limiti di tutela offshore e si valuterà l'opportunità di modifica dell'articolo 117 della Costituzione per riportare allo Stato la competenza in materia di energia almeno per quanto riguarda le infrastrutture strategiche». Insomma si farà di tutto per fare presto e senza intralci, sentiamo già forte l'odore di referendum sull'opportunità di trivellare il nostro già compromesso e sismico territorio che di tutto ha bisogno tranne che di essere ulteriormente colpito oltretutto per ottenere che cosa? Qualche punto di riduzione  della dipendenza energetica dall'estero italiana, ma ne vale la pena?
Se i dati pubblicati (e non smentiti da nessuno) da associazioni ambientaliste come Greenpeace, Legambiente e Wwf sono giusti, infatti, tutte le riserve italiane di petrolio sui fondali dei nostri mari servirebbero a soddisfare sette settimane di consumi, le intere riserve italiane potrebbero sopperire a meno di un anno del consumo nazionale... basterebbe spingere un po' di più sul risparmio energetico per evitare la "necessità" di rischiare così tanto per così poco.
Inoltre, se l'orizzonte, ribadiamo, è quello della progressiva uscita dall'utilizzo delle fonti energetiche fossili, questo è solo un rinvio che allora giustificherebbe un ritorno all'utilizzo del carbone e via a balzi verso l'800. Insomma, pur riconoscendo gli impegni nell'efficienza energetica e comprendendo l'idea di fare dell'Italia un hub del gas (con qualche riserva sul metodo, ma senza tabù), il taglio alle rinnovabili e il ritorno alle trivelle nazionali fanno puzzare già di vecchio la "nuova strategia".

Greenreport

Occorre guardare al futuro e pensare alle generazioni che si troveranno ad affrontare le cattive condizioni ambientali generate dal continuo consumo di idrocarburi.
Il futuro non è costruire nuove centrali per la produzione di energia elettrica.
Il futuro è investire affinchè case e uffici consumino meno.

La migliore produzione di energia, è il suo risparmio!